giovedì 21 febbraio 2008

Il coraggio di mangiare

Avere un sano rapporto col cibo, dal punto di vista psicologico, significa anche accettare il fatto che ogni giorno abbiamo fame, e siamo dipendenti da questo.

Il cibo che ingeriamo è connotato da due aspetti fondamentali: materiali e quantitativi da una parte, energetici e qualitativi dall'altra.

La digestione, che comincia dalla bocca terminando nell'ultimo tratto anale dell'intestino, è un processo biologico d'introiezione di materia e quindi di energia, ma non solo. Dal punto di vista psicologico, col cibo introduciamo nel nostro mondo interno porzioni di mondo esterno: quando mangiamo ingeriamo anche la "visione del mondo" di chi ci nutre, "mettiamo dentro" la qualità della relazione affettiva con il mondo e le persone vicine che condividono il pasto con noi.

Cibarsi dipende, da un lato dalla nostra disponibilità ad accettare una dipendenza sana, che si traduce nel riconoscimento del bisogno di nutrirsi e di essere nutriti dal mondo con le sue cose e relazioni, dall'altro si lega all'attivazione di una capacità aggressiva sufficiente che legittimi a prendere, manipolare, smontare e trasformare il "diverso" fino a poterlo assimilare.

La persona che mangia in modo vario e completo, quindi, si rende disponibile a edificare internamente una struttura solida e versatile a livello sia biologico sia psicologico, tale da saper regolare il proprio rapporto col mondo garantendosi il diritto alla sopravvivenza e alla piena espressione di sé.

L'accettazione di un dualismo innato e in equilibrio dinamico ammette che per amare si debba distruggere, che per assimilare il cibo si debba poterlo preliminarmente "mordere", semplificare e "cuocere" internamente.
Tutto ciò consente la funzione alimentare, base fondante del pensare e di ogni apprendimento affettivo.

Nell'anoressia, al contrario, non è stata introiettata la regola fondamentale che la funzione alimentare insegna, ovvero che "per vivere bisogna anche distruggere". Solo con l'accettazione del processo distruttivo implicato nell'afferrare, masticare, smontare, mandar giù, unito all'azione distillante e alla funzione assorbente intestinale, è possibile avere una trasformazione e accedere ad un processo creativo.

L'anoressica che per definizione è portatrice del disturbo dell'archetipo dell'alimentazione, a fronte di una fame abnorme e insaziabile di cibo ricco di gusto, affetto, calore e relazione, non si concede il diritto di mangiare.
Anche il legame di dipendenza, il bisogno essenziale e vitale dell'altro è negato con l'anoressia.

Il corpo è esiliato dalla coscienza, tanto quanto non è stato riconosciuto o rispettato nei suoi confini e nei suoi bisogni.
Ma l'essere umano è onnivoro per conquista evolutiva, vale a dire che, rispetto ad altre specie viventi, è capace di conquistare e assimilare più ampie porzioni di mondo (materia, relazioni, identificazioni, ecc... ) muovendosi verso un ordine più vasto e di maggiore complessità dentro e fuori di sé.

Quando il mondo da incorporare viene mutilato sempre più, la persona si trova a cibarsi di soli "frammenti" scarniti della totalità degli elementi, o di fantasie pericolose come quella di poter vivere al pari delle piante di sola aria e luce. Tutto questo può sfociare in un vero collasso psico-somatico dove la consapevolezza della distinzione tra vita e morte è persa, e dove tra umano e divino non c'è grande differenza: a entrambi è concesso il privilegio di non mangiare!

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