martedì 26 febbraio 2008

Dipendenza e paura da cibo

Scegliere gli alimenti in funzione della gola, del costo, dell'abitudine o delle mode... e poi ci si ritrova imprigionati in circoli viziosi che portano all'eccesso e alla malattia.

Simbolo di gratificazione psicologica e di potere, il cibo si carica sempre più di valori aggiunti. Anoressia, bulimia, obesità, diete di ogni tipo per qualsiasi necessità, integratori, barrette energetiche..e intanto il business avanza.

Ma allora che senso ha mortificarsi per mesi con diete da stress quando è sufficiente limitare il più possibile zuccheri e carboidrati raffinati come pane bianco da hamburger o patatine, il menù tipico da fast food? Direttamente dall'America, patria dell'obeso, arriva l'ultima accusa ai cibi grassi e saporiti, il cosiddetto "cibo spazzatura", il cosiddetto junk food.

Le contraddizioni di un mondo globalizzato sono tante e, nonostante il tentativo di combattere la fame nel mondo, il divario fra poveri e ricchi è destinato ad aumentare. Studi recenti sembrano dimostrare che una dieta ricca di grassi e zuccheri scatena una serie di meccanismi a livello ormonale per cui si mangia smodatamente e si diventa succubi del cibo. In una parola dipendenza, una vera e propria forma di "dipendenza" da cibo come le droghe o la nicotina delle sigarette. Basta osservare le dimensione di panini, bibite, patatine, frappè e gelati..sempre più maxi, double, super..si tratta di cibo ipercalorico che causa obesità, malattie cardiache e diabete. Dall'altra parte esiste un numero sempre maggiore di puristi dell'alimentazione, esasperati dal cibo, attenti ai grammi, agli abbinamenti, alle etichette fino a rasentare la "fobia"..disposti a vivere in funzione del cibo con la paura esasperata di ammalarsi e anche di ingrassare.

Se fino ad una generazione fa mangiare tanto e sostanziosamente era sinonimo di buona salute e benessere, oggi sembra prevalere la paura del cibo.

La diffidenza nei confronti del cibo, la limitazione di alimenti ritenuti "pesanti" è tipica della nostra società dominata dal mito dell'eterna giovinezza, dove l'assioma dominante è: se mangio con attenzione vivo più a lungo.

Fresca, buona e sempre più naturale.. ma dal seguire una dieta equilibrata a una vera e propria fobia nel cibo il passo è breve. La nuova sfida è conciliare le esigenze salutiste a quelle di leggerezza e digeribilità senza cadere nell'omologazione: il piacere del cibo è sempre più raro.

Mangiare con piacere senza aumentar di peso

Non è solo un'ipotetica possibilità, ma può diventare una realtà effettiva. Basta rieducare il senso del gusto.

La superalimentazione dei tempi moderni ha generato una omologazione dei gusti, con perdita della più naturale capacità di riconoscere, nonché di gustare e apprezzare, un dato alimento o un particolare sapore. Basta pensare a quanto il mercato vada propinando alle età più tenere, con merendine e snacks ultra ricchi di zuccheri e di sodio. Non si tratta ovviamente di una "saporita" coincidenza ma di precise strategie di mercato che mirano a creare, soprattutto nei bambini, più che semplici abitudini vere e proprie "dipendenze" da gusti e sapori volutamente accentuati.

Il bambino abituato alla dolcissima merendina, non si accontenterà più tanto facilmente del buon biscotto della nonna privo, haimé, non solo del 'raffinatissimo' quanto ultrabbondante zucchero bianco, ma depauperato pure di tutto quel corteo di aromi tanto innaturali quanto irriconoscibili ad un palato non ancora corrotto.
Si tratta di una vera e propria educazione... al negativo o, meglio, diseducazione, di uno dei cinque sensi di cui la natura ha dotato l'uomo per riconoscere, nell'ambiente esterno, ciò che più gli serve per star bene. Il gusto che, insieme all'olfatto, dovrebbe proteggere il tratto gastrointestinale dalle sostanze non digeribili o addirittura nocive, viene strumentalizzato dall'industria per creare veri e propri modelli di sapore atti a generare delle dipendenze di palato, per cui sarà sempre più difficile rinunciare a determinati sapori o, meglio, a ben precisi prodotti di cui non mancherà opportuna suggestione pubblicitaria.

E' evidente quanta importanza giochi questo fattore educativo nei problemi legati all'alimentazione tanto per il sovrappeso, quanto per l'educazione al benessere delle nuove generazioni. La consapevolezza infatti che tanto dell'obesità infantile - e non - è culturalmente determinato, deve aiutare a sostenere un consumo intelligente dei prodotti che il mercato propone.

Aiutamoci a non perdere... il gusto:
Assaporare i cibi lentamente e, potendo, scegliere alimenti semplici, non arricchiti da aromi artificiali.

Limitare al minimo l'uso di sale raffinato e sostituirlo con sale marino integrale oppure erbe aromatiche.

Sostituire lo zucchero bianco con miele o, nella preparazione dei dolci, frutta al naturale.

Non mescolare troppi alimenti nelle preparazioni alimentari.

Cuocere i cibi nel rispetto delle loro caratteristiche organolettiche, per mantenere il più possibile inalterati i sapori originari.

Utilizzare senza paura tutte le possibili 'motilità' della bocca e della mandibola per permettere ai recettori gustativi (calici e papille) di svolgere il loro lavoro.

Dato che gusto e olfatto si potenziano a vicenda, non aver paura di... annusare, annusare, annusare.

Diario alimentare

Qualche disturbo anche durante la pausa estiva? Forse è colpa del cibo...un'indagine per scoprire la causa di un'intolleranza o di un'allergia può essere utile.

Gli alimenti, per essere assimilati dall'organismo, devono subire processi metabolici specifici che "smontano" le sostanze nutritive nei loro componenti fondamentali:
i grassi, in acidi grassi;

gli zuccheri, gli amidi e i carboidrati, in glucosio;

le proteine in aminoacidi.

L'organo preposto al loro assorbimento è la mucosa intestinale, che tra le altre funzioni dovrebbe anche impedire il passaggio nel sangue di sostanze non completamente "smontate". In taluni casi, però, la nostra mucosa non funziona perfettamente e succede che macromolecole improprie, entrino in circolo, contribuendo a procurare disturbi alimentari, che possono arrivare a vere e proprie intolleranze o allergie.

Non appena vi accorgete, che dopo aver consumato del cibo vi sentite poco bene, dovete iniziare a prestare molta attenzione ai vostri malesseri, a quando compaiono, a come si manifestano e a quale cibo possono essere ricollegati.

Utilissimo, in tale senso, tenere un " diario dei consumi alimentari" in cui segnare giorno per giorno:
gli ingredienti che compongono i vostri pasti;

la quantità consumata;

l'orario;

come e quando si sono manifestati i disturbi, fisici e psichici.

Spesso, ma a torto, si trascurano le manifestazioni psichiche, come l'irritabilità, un senso d'inquietudine e di ansia, svogliatezza, cattivo umore o anche ipereccitazione.

Portate con voi il diario fin dalla prima visita medica. Sarà un utile base da cui partire per indagare e risolvere i vostri malesseri.

La leggerezza del cuore passa per la pancia

Negli ultimi decenni, il nostro rapporto con il cibo è cambiato radicalmente fino a snaturarsi. Si è trasformato in automatismo senza attenzione alla qualità.

Mangiamo in fretta e d'istinto. Non diamo più importanza alla differenza tra cibo fresco e surgelato; tra una cottura tradizionale e una al microonde. Nonostante la "perfetta" e funzionale alimentazione tecnologica, il nostro organismo si accorge sempre che cerchiamo di ingannare il palato invece di dargli il nutrimento di cui ha bisogno, preparando il terreno per ogni sorta di malattia. E' un mangiare condizionato dalla pubblicità e dall'abitudine, che favorisce l'obesità e di conseguenza la cultura delle diete estemporansee, delle costose pillole guarisci tutto e delle mutande plastificate per far sudare: il modello di vita americano si sta affermando anche nel modo di mangiare!

La tendenza della nostra civiltà a produrre obesità è il risultato di una cultura del consumo fine a se stesso che ha ridotto il nostro corpo a una macchina, contenitore di oggetti, che vogliamo avere, incorporare e trattenere a tutti i costi per riempire profondi vuoti esistenziali.
Oggetti sono i cibi, oggetti sono i farmaci, oggetti sono diventate anche... le nostre emozioni! Piacere alimentare e piacere affettivo-emozionale, che hanno i loro centri collocati nelle stesse aree del cervello, spesso si scambiano le funzioni, invadendo l'uno il campo dell'altro, pur di riempire un vuoto! Il godimento della leggerezza della vita, in un mondo dove anche il piacere sessuale è virtuale, è stato sostituito con il godimento della pesantezza del cibo.

Abbiamo dimenticato che alimentarsi non significa solo introdurre cibo nell'organismo per permettere al nostro fisico di tirare avanti o per compensare carenze esistenziali ma immettere parte del mondo che ci circonda. Quel che mangiamo nutre anche le cellule del nostro cervello, rendendo possibile la sua attività e quindi la nostra coscienza.
La massima che "come si mangia, si diventa; come si diventa, si pensa; come si pensa si vive", è forse la cosa più vera che sia mai stata detta.

Dovremmo ricordarci, più spesso, che quando mangiamo introduciamo emozioni non solo nostre, ma anche di chi abbiamo accanto, di chi ha cucinato, di chi ha prodotto il cibo e dello stesso animale ucciso.

In un'epoca in cui sì da tutto per scontato, l'atto quotidiano del nutrirsi ha perduto il significato profondo che da sempre accompagna il cibo sulla tavola dell'uomo.
Si è perduto, soprattutto, ogni senso di ringraziamento; tutto ci spetta, sempre e comunque. L'uomo prende, prende, prende in continuazione: dalla terra, dal sole, dagli altri esseri e non riconosce il suo debito.

Se vogliamo riscoprire la bellezza della leggerezza del nostro corpo, ricordiamoci anche quella della nostra mente e del nostro spirito, perché il segreto di una sana alimentazione non è semplicemente nelle calorie o nelle vitamine; consiste piuttosto nella capacità di alimentarci non solo con i sapori, ma anche con le vibrazioni del cibo, degli alimenti che assumiamo, delle influenze dell'ambiente che ci circonda e delle nostre buone o cattive abitudini.

Ogni forma di vita non può essere contemplata solo con l'occhio fisso alla lente di un microscopio, ma compreso come qualcosa che supera la semplice somma di luce, acqua e calore.

Una consapevolezza di questo tipo è già una grande medicina che può aiutare a farci scoprire la bellezza della leggerezza interiore, per superare tanti paradossi della vita moderna e trovare il vero rapporto cibo-uomo.
Gabriele Bettoschi

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